Nel 2012, Noria Corporation lanciò un sondaggio diretto ai lettori della rivista Machinery Lubrication, a proposito del significato del particolato nel lubrificante in esercizio (“Particles: Friend or Foe?”). Si chiedeva se, nelle moderne procedure di manutenzione industriale, il particolato rilevato dalle analisi olio venisse visto come un problema da rimuovere o come un segnale da interpretare: oltre i 2/3 dei lettori, per lo più statunitensi, risposero che tale presenza rappresenta un prezioso indicatore per il condition monitoring dei macchinari industriali critici. A fronte di questo crescente interesse per il significato predittivo delle analisi dell’olio in esercizio, nell’ultimo decennio si sono affermate diverse nuove tecnologie per una più efficace diagnosi dei fenomeni di usura.
Tutto cominciò nel secondo dopoguerra, quando l’analisi dell’olio iniziò ad essere utilizzata per fini prognostici prima in ambito ferroviario civile, quindi in ambito militare, utilizzando prevalentemente la spettrometria ad emissione atomica SOAP (Spectrometric Oil Analysis Program) per la determinazione degli elementi metallici da usura in ppm. Ben presto ci si rese conto che questo monitoraggio permetteva di ottimizzare la manutenzione su condizioni e di migliorare la sicurezza operativa, soprattutto per i velivoli, attraverso lo studio dei trend dei singoli metalli da usura.
La principale limitazione dell’analisi spettrometrica elementare SOAP risiede nell’incapacità di rilevare in modo quantitativo il particolato di dimensioni superiori a 10 µm: di conseguenza, i trend dei singoli metalli che vengono monitorati sono relativi solamente all’usura “fine”. Nonostante questo, l’analisi quantitativa dei metalli in ppm rimane il principale strumento diagnostico in grado di “predire” i fenomeni di usura incipiente: questo è vero soprattutto in meccanismi provvisti di filtro olio in linea e con bassa quantità di olio, per esempio i motori endotermici stradali o i turbomotori aeronautici. In questi sistemi, il filtro olio rimuove in continuo il particolato di grandi dimensioni, e la sola spettrometria SOAP è sufficiente per un’accurata descrizione dei fenomeni di usura in corso.
D’altra parte, esistono sistemi di tipo diverso nei quali la presenza di particolato di dimensioni medio-grandi è possibile e può essere considerata una preziosa fonte di informazione sulle condizioni del macchinario. Un approccio olistico al monitoraggio dell’usura non può quindi prescindere dalla rilevazione del particolato che sfugge all’analisi spettrometrica SOAP, che pertanto deve necessariamente essere associata ad un altro test adatto a “vedere” il particolato oltre i 10-15 µm.
Questo approccio è necessario nel caso di macchine con grandi quantità di lubrificante (come turbine, sistemi idraulici, macchine da cartiera) in cui la rimozione del particolato per filtrazione o sedimentazione non è immediata, e le particelle appena rilasciate per usura possono essere captate dal prelievo di un campione di olio. In tali macchinari, Mecoil raccomanda il monitoraggio del codice ISO 4406 mediante conta delle particelle “intelligente” con apparecchio Lasernet (ASTM D7596).
Anche nei macchinari privi di sistemi di filtrazione, il particolato metallico da usura può rimanere nel lubrificante, accumularsi nel tempo ed eventualmente causare ulteriore usura: è principalmente il caso degli ingranaggi industriali lubrificati a bagno d’olio, oppure di trasmissioni, cambi e differenziali. Per il condition monitoring di questo genere di macchine, Mecoil ha introdotto l’analisi del Particolato Ferroso Totale, un innovativo strumento di analisi che rileva e quantifica il particolato magnetico in modo indipendente dalle dimensioni, dal nanometro al millimetro.
L’olio viene analizzato tal quale, senza diluizioni o preparazioni: è solo necessario omogeneizzare il campione come per l’analisi SOAP, trasferire l’olio nella provetta ed analizzarlo con l’apposito magnetometro ad alta sensibilità. La misura del particolato ferroso viene fornita in ppm (mg/kg) e risulta in questo modo confrontabile con la concentrazione di Ferro “fine” rilevata mediante analisi SOAP, fornendo informazioni sulle dimensioni del particolato ferroso e sulla sua natura: esistono infatti casi in cui il Ferro è presente sotto forma di particolato non magnetico (ruggine, alcuni acciai inox). Il parallelo con l’analisi SOAP non finisce qui: in condizioni normali, il trend del Particolato Ferroso Totale segue in modo accurato quello della concentrazione di Ferro fine, così che è possibile utilizzare gli stessi strumenti matematici per monitorare entrambi gli indicatori di usura. In più, i risultati di analisi delle due tecniche hanno una precisione (ripetibilità) paragonabile.
Una metodica con caratteristiche simili, ma dalla differente calibrazione, restituisce un indice adimensionale detto PQ Index, che costituisce un indicazione del quantitativo di particolato magnetico nell’olio. La differenza fondamentale tra il Particolato Ferroso Totale e il PQ Index non risiede tanto nell’unità di misura (ppm contro adimensionale), quanto nelle modalità di esposizione del campione al campo magnetico che esegue la misura. Per determinare il PQ Index, infatti, il campione viene normalmente analizzato all’interno del suo flacone originale chiuso, senza travasi, semplicemente appoggiando sul magnetometro il flacone rovesciato. Questa procedura fa sì che non tutte le particelle sedimentino alla stessa velocità, nel flacone rovesciato: le particelle più leggere (piccole) sedimenteranno più lentamente di quelle grandi, e in questa variabilità intervengono anche le differenze nella temperatura del campione, nella viscosità e nel livello di riempimento del flacone. Il risultato di queste influenze combinate è che il PQ Index tende ad essere meno sensibile alle particelle magnetiche di piccole dimensioni in oli viscosi, specie se analizzati a bassa temperatura o con il flacone pieno.
In più, a differenza dell’analisi del PQ Index, l’analisi del Particolato Ferroso Totale è stata recentemente normata mediante l’emissione di un metodo standard internazionale, ASTM D8120 “Standard Test Method for Ferrous Debris Quantification”.
Mecoil ha sperimentato l’applicazione di questa metodica innovativa fin dall’inizio del 2017, acquisendo una notevole esperienza su varie casistiche e sulla valutazione combinata del Particolato Ferroso Totale con le altre tecnologie diagnostiche già disponibili, come la spettrometria SOAP / RDE e la conta delle particelle Lasernet. E’ stato osservato che la massima efficacia diagnostica si ha per trasmissioni, cambi, differenziali ed ingranaggi industriali, specialmente quando il filtro olio non è presente o ha maglie relativamente larghe (>30 µm). Nel corso dell’anno, il monitoraggio del Particolato Ferroso Totale ha già permesso di segnalare in modo specifico fenomeni di usura che altrimenti sarebbero stati sottovalutati o rilevati con minore anticipo. Per questo motivo, Mecoil ha deciso di includere l’analisi del Particolato Ferroso Totale in alcuni pacchetti analitici (Standard e Standard F) specifici per trasmissioni ed ingranaggi, oltre che di rendere disponibile il test su richiesta o in pacchetti analitici formulati ad hoc su esigenze del cliente.
Una nuova “bussola” per diagnosticare l’usura!