Alla presenza di amici, colleghi, esperti del mondo della manutenzione, nelle sue molteplici declinazioni si è tenuto il XXX Congresso nazionale Aiman, in contemporanea al 6° Convegno Manutenzione 4.0.
Una sapiente regia a cura di in un contesto decisamente originale, il Museo Nicolis in cui sono raccolte testimonianze storiche di grande valore culturale.
Come sempre la Segreteria (supervisionata da Patrizia) ha operato in maniera ineccepibile e nell’attesa dell’inizio lavori abbiamo avuto agio di esplorare le varie proposte “a quattro ruote” ma non solo. Poi il saluto del Presidente Bruno Sasso, ed i riferimenti al mondo dell’industria che percepisce sempre più come un elemento costruttivo la Manutenzione sia nella sua forma storica, tradizionale, che nelle attuali evoluzioni 4 e 5.0. C’è ancora tanto da fare, ma sono questi i momenti di aggregazione e scambio culturale che consentono la crescita di tutti noi. Un sentito grazie agli animatori di tale iniziativa, Cristian Son (che coglie lo spunto per rilanciare l’evento Euromaintenance previsto per l’autunno ‘24 in Italia) e M. Marangoni, oltre allo staff di Tim Global Media.
Di lì a breve si dà il via alla prima delle tavole rotonde in programma, moderata da Alessandro Spadini “Plant Director” di Barilla Parma, che da quasi 20 anni collabora con Aiman. Intervengono Raffaele Bini, Technical manager di Generale Conserve, Anna Mazzoleni Program manager Service 4.0 di ABB, Daniele Nori Chief Operations Officer di Lucart e G. Adriani, Amministratore di Mecoil Diagnosi Meccaniche Srl. Spadini introduce il dibattito coinvolgendo i presenti ed al termine degli interventi si rivolge ad Adriani ponendo la domanda: per sua stessa caratteristica, la lubrificazione e la sua gestione è trasversale a qualunque sistema industriale: come sono cambiate le competenze necessarie per l’applicazione di un sistema di condition monitoring?
Risposta: In questo ambito che seppur specifico – come sottolineato da Spadini – è universale e trasversale per qualunque contesto industriale, dal trasporto alla manifattura, dal farmaceutico all’aerospaziale, si è assistito ad una evoluzione incredibile dei sistemi. In una sorta di gara al ridimensionamento dei componenti, alla incessante ricerca di efficienza ed alla “compattazione” di macchine (compresi serbatoi, circuiti, scambiatori) di cui solo alla fine del processo di R&D si ragionava, per sopperire alle carenze (emergenti in fase di collaudo) anche di lubrificazione. Definiamola “estrema ratio”. Ciò ha portato inevitabilmente a sollecitare in maniera sensibile il fluido incaricato di provvedere sempre di più al ruolo di dissipatore di calore/energia (vedi automotive, oleodinamica) rispetto alle “mansioni” storiche di miglioramento di attriti. Un riduttore da 200 KWa pensato e modellato per essere contenuto in una cassa voluminosa, in cui la lubrificazione a sbattimento veniva fornita da un carter con oltre 30 l. di olio, oggi magari opera con meno della metà di lubrificante, racchiuso in uno chassis assai compatto, incapace di dissipare una tale mole di Calorie. Ne deriva la necessità di ricorrere ad un sistema di lubrificazione forzata, attraverso un ricircolo, con pompa, filtro e scambiatore. L’industria chimica ha saputo rispondere alla sfida, proponendo una vasta gamma di prodotti specifici, sempre più performanti. Con una miriade di nuove formulazioni (come basi petrolchimiche ma anche di additivi su misura) che a loro volta hanno richiesto nuove e più attente misure di salvaguardia per gli operatori coinvolti. SDS e schede tecniche, la cui consultazione richiede assai “più” di quel minimo di competenza che non si può improvvisare. I nomi e le sigle associati a tali prodotti, se non interpretati in maniera corretta, possono indurre in gravi errori, creando “mescole” infauste per la vita dei macchinari. Da questo processo evolutivo in cui (purtroppo) l’olio rimane la vittima sacrificale, spesso citata in giudizio per colpe improprie, traggono spunto le nuove e più approfondite indagini su questo fluido indispensabile ed ubiquitario. Il paragone tra analisi cliniche del sangue umano ed i controlli predittivi dei lubrificanti è sempre più pregnante. Per dire che “è sempre buono” non è sufficiente sfregare la goccia tra i polpastrelli, ma occorre invece fare ricorso a tecniche “on” e “off-site” di analisi molto raffinate per poterne prevedere la residua vita utile, i giusti intervalli di sostituzione, o filtrazione, tenendo sotto controllo i subdoli precursori di fenomeni che (se trascurati) possono portare a fermi imprevisti che si ripercuotono sull’intero ciclo produttivo. Quindi tecnica evoluta, puntuale, specifica per indagare (sono le basi del conditions’ monitoring) ed a seguire competenze, connettività, “brainstorming” per stimolare conclusioni efficaci. Dalla formula “campioni periodici verso un Laboratorio certificato” si sta progressivamente studiando l’approccio “screening online”. Ma il percorso è ancora lungo. Purtroppo il lubrificante (vedi considerazioni precedenti) è oggi un prodotto molto variegato, impossibile da “fotografare” e ricondurre a condizioni standard, valide a prescindere. Come oramai accade in campo Vibrotecnica. Ammesso che i vari (molteplici) sensori coinvolti in questa ricerca, diano parametri realistici, il percorso a valle è abbastanza delineato. Ovvero l’approccio “lubrificazione 4.0” è di fatto disponibile, a patto di effettuare uno screening a monte assai accurato. Ed in tale campo le nostre indagini (> 10 anni), vedi il progetto Monitoil® hanno fatto grandi progressi, dimostrando nei fatti la validità di tale strategia. Il lavoro, specie a livello di istruzione, formazione, ancora lungo, ma le premesse sono state gettate.
La mattinata prosegue con altri interventi da parte di interlocutori qualificati, per concludersi con il lunch che ha consentito ai partecipanti di immergersi nella magnifica atmosfera del museo, scambiando opinioni e guardando ai traguardi dell’anno che verrà.